C’era una volta un villaggio che ogni Natale si accendeva di sogni e risate. Ribeauvillè nel nord est della Francia, quasi al confine con la Germania, ricorda un piccolo presepe, illuminato dalla gioia dei suoi abitanti che ogni anno iniziano a festeggiare con un mese d’anticipo persi tra mercatini, menestrelli ed artisti di strada. Sembra uscito da un libro di racconti di Natale
Ma c’è qualcuno nel villaggio che ha perso lo spirito del Natale…
Luc Raisin ha sei anni, capelli folti e scompigliati come un nido di cicogne, un naso a patata coperto di lentiggini e due occhi scuri come miele di castagno. Col berretto di lana che gli copre la testa fin sotto le sopraciglia tiene la faccia incollata alla finestra di una casa del centro città. Dentro, tre fratelli intonano canti di Natale intorno al pianoforte, mentre il padre suona sorridendo e la madre si gode l’atmosfera felice finendo di sistemare la tavola imbandita.
Luc sente qualcosa che gli stringe la gola, ma non vuole piangere. Non ha voglia di tornare a casa, ma non può nemmeno restare con la faccia incollata al vetro, gli si sta congelando il naso. Stacca la fronte dalla finestra e si fissa le punte dei piedi. Una scarpa ha la suola staccata per metà e l’altra è bucata sulla punta. Infastidito si gira e tira un calcio ad una pietra, ma ahimè lo fa con la scarpa bucata ed imprecando per il male inizia a saltellare su un piede solo, tenendosi quello dolente tra le mani. La gente gli passa intorno senza notarlo. Tutti sorridono portando decine di sacchetti e pacchi colorati sotto le braccia. I bambini, vestiti a festa, si lanciano palle di neve e si rincorrono. Qualcuno di sfuggita gli lancia un’occhiata compassionevole per poi tornare sui propri passi, verso casa, per festeggiare con amici e famiglia la notte della vigilia.
Luc si sente invisibile e terribilmente solo, ma forse è meglio così. Lui è forte ed orgoglioso e non vuole la compassione di nessuno. Tira su le spalle e si incammina lungo la strada principale della cittadina alsaziana. Le luci nelle case sono accese e le finestre brillano illuminate dalle decorazioni natalizie. Musica e canti di festa arrivano da ogni angolo del paese e dai camini fumanti esce il calore del Natale, dell’amore famigliare, della trepida attesa della vigilia.
Ma Luc ha freddo, da tempo non sente più quel calore. Ad un angolo della strada c’è il carretto di un venditore di caldarroste. Non molto distante da una giostra colorata dove bambini urlano felici sotto gli occhi incantanti di mamme e papà. Dal fuoco acceso arriva un po’ di tepore. Luc cerca un angolo nascosto sul lato del carretto che non costeggia la strada.
Prende un giornale da un cestino dei rifiuti lo butta per terra e si siede rannicchiando le ginocchia al petto. Da lì può osservare la giostra, non sente la musica, gli sembra di vivere in una bolla di tristezza e solitudine.
La sua famiglia non era mai stata ricca, ma felice si. Suo nonno con fatica e determinazione, con tanto lavoro e dedizione aveva costruito una vigna, piccola, ma preziosa. Con il tempo il Pinot gris dei Raisin stava diventando, poco a poco, un prodotto di nicchia lungo la route des vins d’Alsace. La produzione era limitât, ma la qualità ottima. Nonno Cesar diceva sempre che il segreto della bontà della sua vite era da ricercare nell’amore con cui la curava, “la tratto come tratto voi nipoti” diceva a Luc mentre camminavano insieme tra i filari “la coccolo e la vizio” e poi esplodeva nella sua risata tonante che gli faceva ballare la pancia, ed il piccolo di casa rideva di gusto con lui. Era l’unico con cui riusciva a divertirsi così tanto.
Papà Philippe non aveva ereditato le capacità del nonno. Non che si sottraesse al duro lavoro nei campi, anzi era un gran lavoratore, ma non aveva la stessa sensibilità e lo stesso talento del padre.
Nonna Cecile, di origine italiane, era perdutamente innamorata del marito, da quando ancora piccoli correvano lungo le verdi vallate della zona. Era piena di energia, restava a casa ad impastare e cucinare per tutta la famiglia, sempre più numerosa. La sua specialità era la pasta con le melanzane e le zucchine fresche raccolte nell’orto che curava lei stessa. Aveva la stessa sensibilità e lo stesso pollice verde del marito. Lei amava dire che erano due semi della stessa pianta. La pasta al profumo di casa come la chiamava Luc metteva tutti d’accordo. I loro momenti piu’ belli erano quando vicino al caminetto lei gli leggeva i racconti di Natale.
Luc stringe forte gli occhi per non lasciare scender giù le lacrime che pungono sotto le palpebre. E rivede la mamma Adeline ridere, bella, giovane, felice di badare alla sua squadra di marmocchi.
Luc é l’ultimo di sei fratelli, cinque ragazzi ed una femmina. Eve é la secondogenita, prima di lei c’é Bernard, poi Stephan, Jaques, e Jerome. Luc é il più piccolo.
Era arrivato seguendo la stella cometa, come gli raccontava sempre la nonna, sei anni prima quando Jerome, aveva già 8 anni.
Luc era stato davvero una sorpresa sotto l’albero, visto che era nato la notte di Natale. Era il piccolo di casa coccolato ed amato da tutti, soprattutto dai nonni, che volevano godersi ogni attimo con il piccolo di casa.
Poi una notte di settembre, poco prima del raccolto, il mondo era crollato. Un incendio, probabilmente doloso, anche se nessuno aveva mai scoperto la verità, aveva distrutto il vigneto, il nonno dal dispiacere era diventato una stella, come gli ripeteva sempre la mamma e la vita dei Raisin da allora non era più stata la stessa.
Nonna Cecile si era chiusa in un ostinato mutismo, non voleva più parlare con nessuno, neppure con lui. I medici avevano detto che lo choc le aveva tolto la parola. Il padre sommerso dai debiti aveva trovato lavoro come stalliere e tuttofare da una famiglia di nobili che abitava in uno dei castelli del paese.
La madre, invecchiata dal dolore, era riuscita a farsi assumere come donna di servizio. Lavorava nelle cucine, rammendava e si occupava delle pulizie. Tutti cercavano di dare una mano per sbarcare il lunario, ma i soldi non bastavano mai. Il nonno per avviare la vigna aveva ipotecato la casa che aveva costruito nella radura quando si era sposato con nonna Cecile. Lì erano nati i suoi figli ed i suoi nipoti ed ora la famiglia stava cercando di fare il possibile per non perdere né la casa né i ricordi che continuavano a vivere tra le sue mura.
Luc tira un sospiro. La strada inizia a svuotarsi, le famiglie stanno rientrando tutte a casa per il cenone della vigilia. Luc guarda allontanarsi tre persone. Al centro una bambina bionda con un cappottino celeste ed un berretto bordeaux, con un enorme ponpon crema, tiene per mano la mamma vestita con un lungo cappotto rosso ed il papà con un giaccone scuro. Lei ride forte mentre i genitori la sollevano per le braccia facendole fare l’altalena. Luc si strofina forte gli occhi. Ha le mani gelate.
“Hey ragazzino! Non ce l’hai un posto dove andare?” La voce del venditore di caldarroste lo scuote dai suoi pensieri.
“Bè io sì! Devo andare a casa! Tieni!” gli disse porgendogli un sacchetto di carta con una decina di castagne fumanti “E buon Natale!”. Poi il venditore prende il carrello e si incammina lungo la strada sempre più vuota.
Luc si alza. Si scrolla via la neve dai pantaloni. Ha il fondoschiena ghiacciato. Dove puo’ andare?
Quella sera a casa ci saranno lui, Jaques, Jerome, Stephan e la nonna. La mamma rincaserà tardi per preparare il cenone dei Von Luren , ha portato anche Eve con se per aiutarla. Papà e Bernard, si occuperanno delle carrozze degli ospiti. Anche loro torneranno tardi. Sai che divertimento, lui i fratelli musoni e la nonna muta, davanti ad una cena raffazzonata ed al camino spento. Si accende di rado per risparmiare sulla legna da quando sono caduti in disgrazia.
Luc stamattina si é svegliato presto e mentre tutti gli altri bambini hanno fatto dei bellissimi pupazzi di neve lui con la neve ha modellato un panettone gigante come quello che vorrebbe trovare sulla tavola di casa stasera. Alto maestoso e coperto di panna. Ma rester solo un sogno desrtinato a sciogliersi con lo spuntar del primo sole.
Luc sprofonda le mani nelle tasche e si dirige verso la giostra che ormai ha spento le luci. Si siede sopra un cavallo bianco come il latte, guarda verso il cielo, che si sta rasserenando, cerca la stella più luminosa, chiude gli occhi ed esprime un desiderio: come vorrebbe ornare a festeggiare il Natale, come desidera che tutto torni come prima. Li riapre ed é sempre lì infreddolito, con il naso rosso e le scarpe rotte. China la testa sopra la criniera fredda del cavallo e chiude gli occhi. Non vuole più sentire niente…
Invece qualcosa sente…. Una musica, la più bella che abbia mai ascoltato lo costringe ad riaprire gli occhi. Si guarda intorno. Non riesce a capire. La giostra é spenta. Da dove arrivava questo suono meraviglioso?
“Hey giovanotto!” Luc gira la testa di scatto, ma non vede nessuno.
“Hey dico a te! Sono qui, alza la testa, se ci credi mi vedrai”.
Luc sbigottito, si strofina nuovamente gli occhi con vigore e poi lo vede. Seduto, con le gambe incrociate, sul tetto di una carrozza. E’ un musicista. E’ uguale al piafferaio della leggenda di Ribeauvillé.
E’ biondo, un’età compresa tra 14 e 16 banni, snello, indossa una buffa calzamaglia marrone ed una casacca verde abbondante stressa in vita da una cintura. Sulla testa un colza un insolito cappello a punta. Sembra un incrocio tra Peter Pan ed il Piccolo Principe. Luc conosce entrambe le favole, gliele ha raccontate nonna Cecile.
“Chi sei?”. Il pifferaio lo guarda di sottecchi, sorride e ricomincia a suonare. Luc resta in silenzio. E si strofinò ancora il volto cercando di capire se sia davvero sveglio. Il ragazzo finisce di suonare e con un balzo scende giù dalla giostra.
“Vieni andiamo a fare due passi! »
Senza voltarsi si incammina lungo la strada vuota riprendendo a suonare.
Nel silenzio più totale Luc cammina al suo fianco e piano piano si allontanano dal centro del paese. Nessun rumore anche quello dei loro passi é attutito dalla neve. Solo musica. Dev’essere una musica magica perchè Luc a poco a poco si sente sempre meglio.
“Perchè sei qui?” chiede ad un tratto al pifferaio che smette di suonare. Si volta e risponde: “Per suonare. Perchè la musica ascolta il cuore e cura l’anima, ma solo quelle che vogliono essere curate!”
Poi riprende a suonare. Mentre i due camminano fianco a fianco le nuvole diventano sempre più rade lasciando spazio ad un cielo limpide e stellato. Tutta quella luce accende nel cuore di Luc un interruttore bloccato da troppo tempo, quello della speranza.
Ad occhi aperti spera, e lo fa forte con tutto il suo cuore, il cuore di un bambino cresciuto troppo in fretta, ma sempre puro, come solo quello dei bambini sa essere. Il primo pensiero é per la mamma. Cosa darebbe per un sorriso vero, aperto e luminoso. Cosa darebbe per vederla di nuovo giovane e felice.
Mele e melanzane: Adeline guarda il contenuto della cesta preoccupata e scoraggiata. Cosa potrà mai preparare con questi ingredienti? La padrona é stata magnanima nel mandarla a casa un po’ prima della mezzanotte per cucinare qualcosa. Le ha detto: “non si preoccupi Adeline, se lavorerà sodo e preparerà una cena con i fiocchi, le darò io il necessario per preparare la sua” ed Adeline rincuorata dalla possibilità di offrire alla sua famiglia una vera cena di Natale aveva lavorato sodo. Aveva preparato una cena ricca e sontuosa, ma gli invitati arrivati al castello erano ben più di quelli preventivati ed aveva dovuto dar fondo a tutte le scorte.
Ed eccolo lì quel che é avanzato, mele, melanzane, a cui la signora Von Luren ha aggiunto un sacchettino di zucchero a velo ed uno di cacao. Ma a casa ha sempre la sua cannella. Sua mamma le ha sempre detto che é un ingrédient magico, ma Adeline non le ha mai creduto. Antiche leggende aveva pensato, ma ora voleva crederle, non le restava altro. Guarda il cielo stellato e corre a casa sorridendo. Ha un dolce da preparare.
Luc ed il pifferaio camminano in silenzio sotto la luce della luna.
“Perchè la nonna è diventata muta?” chiede ad un tratto il bambino.
Il musicista sorride.
“Non è diventata muta, siete voi ad esser diventati sordi. Lei parla con il cuore, se l’ascoltate attentamente capirete che non ha mai smesso di parlare”
A casa nonna Cecile ogni sera sedeva con lo scialle sulle spalle e gli occhi rivolti alla finestra. Osservava la stella più luminosa, la cercava e parlava con lei o sarebbe meglio dire con lui. Parlava con il suo Cesar, non aveva mai smesso di farlo. Gli parlava di se, della nuora, del figlio e dei nipoti e di Luc, soprattutto del piccolo Luc. Gli chiedeva un aiuto, sapeva di cosa Luc aveva bisogno e stava aspettando solo un segno.
“Sbrigati” intimava al marito socchiudendo gli occhi. Sapeva che prima o poi la sua stella le avrebbe risposto. Anche stanotte é accanto alla finestra ed il bagliore della sua stella le sembra particolarmente promettente. No non é pazza e neppure rimbambita. E’ sicura che splenda di più.
“Vorrei che papà passasse più tempo con me. E’ sempre triste, stanco, arrabbiato e parla poco. Mi manca” mentre lo dice Luc realizzò quanto sia vero.
“Sei sicuro che non sia vero anche il contrario? Che anche tu non manchi a lui? Che non gli manchino le tue risate? Che non gli manchi giocare con te? I grandi non sono altro che bambini che hanno dimenticato come si fa a giocare. Prova a ricordarglielo e scoprirai che gli adulti non aspettano altro che un bambino li prenda per mano per ricondurli verso un mondo che non ricordano più, ma questo non vuol dire che l’abbiano dimenticato. I sogni non si cancellano, la strada per raggiungerli a volte viene offuscata da una nebbia di problemi irrisolti, di rinunce e di rimorsi, ma i sogni restano lì dentro al nostro cuore, pronti a spiccare il volo, se torniamo a crederci veramente, con la stessa intensità dei bambini che aspettano Babbo Natale”.
Philippe Raisin voleva fare il falegname. Il ricordo lo colpisce dritto al cuore nella notte di Natale, mentre sistema la carrozza degli ennesimi invitati alla festa dei Von Luren. Non aveva mai voluto fare il vigneron, ma suo padre, con le migliori intenzioni, aveva voluto investire tutto nella produzione del Pinot Noir. Quando lui gli aveva detto qual era il suo sogno, aveva riso, gli aveva dato una pacca su una spalla e gli aveva detto che il segreto per far fortuna era nella vite che avrebbero coltivato e aveva proseguito imperterrito nella realizzazione del suo progetto, facendo, per amore, un errore che i genitori fanno spesso, quello di non dar peso alle parole dei figli pensando che i propri sogni possano diventare anche i loro.
Cosi’ Philippe si era buttato anima e corpo in un sogno che non sentiva suo, ma che per dovere ed amore verso suo padre sentiva di dover realizzare.
Philippe osserva Bernard. Vuole fare l’attore gli ha confessato anni addietro e lui cosa aveva fatto? Aveva riso. Gli aveva detto che gli attori come i pittori crepano tutti di fame e lo aveva spinto a trovarsi un lavoro. Ed ora eccolo lì il suo figlio maggiore, bello come il sole, intelligente e sensibile a spalare sterco di cavalli, senza protestare, rimboccandosi le maniche, perché é un bravo ragazzo che non vuole deludere suo padre. Philippe lascia le redini della carrozza, marcia verso il figlio gli posa una mano sulla spalla e lo costringe a guardarlo: “andiamo a casa ragazzo! Abbiamo dei sogni da realizzare”.
Bernard lo guarda pensando che sia impazzito. Ma poi Philippe fa una cosa che non faceva più da troppo tempo, ride, e nei suoi occhi il figlio vede riaccendersi una luce, quella della speranza.
Rise con lui, getta la vanga a terra, poggia un braccio sulle spalle robuste del padre ed insieme si incamminano nella notte.
Luc percorre i resti inceneriti del vigneto seguito dal pifferario, e dal suo strumento, come per magia, insieme alla musica si leva una polvere di stelle che si posa sul terreno facendolo tornare in vita.
Tralci di vite nascono sulla terra arsa brillando nel buio della notte. Quando arrivano in fondo al percorso davanti all’ingresso della piccola casa sulla collina Luc si volta. La vigna é tornata allo splendore di un tempo.
“Non è possibile?” esclama a guardando il pifferaio che continua a sorridere.
“Ma sto sognando o tutto questo sta accadendo veramente?”.
“Tu cosa credo?”
Luc é cullato da una musica meravigliosa, ma questa volta non é opera del del pifferaio, ma arriva da dentro casa.
Si gira nuovamente verso il suo nuovo amico, ma non trova piu’ nessuno. La vigna però é ancora illuminata e a Luc sembra di sentire la risata tonante del nonno arrivare da lontano.
Si gira verso l’ingresso della sua casa aspettando di trovarvi dentro la nonna ed i tre fratelli, ma quando apre il pesante battente di legno non riesce a credere ai propri occhi. Li strofina ancora una volta. Sua madre sorride, il padre sta mettendo la legna nel camino acceso insieme a Bernard e ridono di gusto. La sorella ed i fratelli stanno apparecchiando una tavola imbandita. C’era anche un albero addobbato con sotto un pacchetto luccicante con un grande fiocco rosso. E’ ora di cenare. Si siedono tutti insieme intorno al tavolo. La mamma ha preparato un dolce buonissimo, il migliore che abbia mai mangiato, meglio di qualsiasi panettone con la panna. Sono cubetti di mele e melanzane coperti di cacao e zucchero a velo e cotti al forno, accompagnati da una salsa di mele cotte e cannella. Sembra un dolce magico e forse lo é. Tutti sono di buonumore e sorridono. La mamma crede sia merito della cannella magica, la nonna della sua stella, Luc della musica del pifferaio.
“E’ lo spirito del Natale” sussurra la nonna sorridendo. E le sue parole sono il regalo migliore che Luc potesse sperare.
“L’abbiamo trovato davanti alla porta” gli dicono i suoi genitori
“C’era un biglietto. C’era scritto solo per Luc”.
Il bambino lo apre. Dentro c’é un piccolo piffero di legno. Incise sette parole, solo sette, come le note: “Non smettere mai di credere nei sogni”.
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Se vuoi ascoltare la canzone che da il titolo al racconto clicca su A warm little home on the hill – Stevie Wonder
Se leggendo ascoltare la mia canzone di Natale preferita clicca su Have yourself a Merry Little Christmas – James Taylor
Stefania dice
Bellissimo!!! Sei una forza della natura e ti ammiro molto
STE
Impastastorie dice
Steeeeee questo commento mi scalda il cuore. Sai quanto tenga ai miei racconti! Grazieeeeeeee <3